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- Scritto da Francisco
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Il pellegrinaggio a Roma
Dalla leggenda che narra come la cesta contenente i gemelli Romolo e Remo, mitici fondatori della città, si fermò sotto un fico ruminale, ancora venerato in età imperiale nel Foro Romano ne consegue che, alle origini, la religione dei romani fu animistica. Ben presto si modificò in antropomorfa e politeista, assimilando le divinità locali con quelle straniere e trapiantando a Roma i culti delle città assoggettate. Questa annessione a scopi politici non era una novità: era già nota presso altri popoli, in particolare nel mondo greco. Peculiare fu invece il conservatorismo della religione romana che si esplicò in modo quasi esclusivo nella ripetizione perfetta dei riti, delle regole e delle formule dei culti di cui però, già in età repubblicana, si era perso il significato spirituale originario.
Fu essenzialmente una religione pratica che mirava a propiziare le divinità (pax deorum), a ottenere da loro favori personali o per la comunità, in cambio di riti compiuti dal beneficiario in veste anche di sacerdote (padre di famiglia; magistrato; condottiero militale). Quando però a Roma, travagliata da una situazione politica instabile, vennero introdotti culti provenienti dall'Oriente, in particolare quelli mistici e orgiastici, si verificò uno sconvolgimento dei costumi politici, morali e religiosi arcaici, che determinò la caduta della Repubblica.
Giulio Cesare fu, per un periodo, il personaggio emergente sulla scena politica della città, mentre la speranza, riposta nei cuori di tutto il popolo romano, nell'avvento di un salvatore (mundi salvator) che riportasse la pace, fu impersonata da suo nipote, adottato come figlio, Ottaviano, il futuro Augusto, che divenne il primo Imperatore (29 a.C. - 14 d.C.).
Fu appunto durante il suo regno che nacque a Betlem Gesù Cristo. Ottaviano adottò una politica che conciliava le antiche tradizioni del passato "nazionale" romano con la necessità di una direzione unica, per cui accettò il titolo di principe (primo fra pari) rifiutando l'appellativo di signore, proprio dei monarchi orientali. Di notevole importanza, per i risvolti successivi, fu il titolo di Augusto, decretatogli dal Senato nel 27 a.C., che sacralizzava la sua persona ponendola al di sopra della media umana, senza però divinizzarla.
Augusto riuscì nell'intento; il Senato e il popolo romano gli dedicarono l'Ara Pacis Augustae dove, ogni anno, doveva celebrarsi un solenne sacrificio per ringraziare gli dei per la pace concessa al mondo romano. Tuttavia l'Imperatore stravolse l'antica religio poiché si proclamò Divi filius, in quanto Cesare, suo padre adottivo, era stato divinizzato dopo la morte; gettò cosi le basi del culto imperiale per cui l'Imperatore venne in seguito designato quale divus e numen.
La deificazione degli Imperatori è connessa alla storia delle persecuzioni dei cristiani, i quali si rifiutarono di sacrificare all'Imperatore come divinità, come appunto attestano gli Atti e le Passioni dei martiri. I primi contatti dell’apostolo Paolo con i cristiani di Roma ci sono noti grazie alla lettera loro inviata negli anni 56-57, con la quale l'Apostolo comunicava la sua intenzione di recarsi presso di loro (Rm 1, 10-12). Per sopravvenute difficoltà Paolo poté giungere a Roma solo nella primavera del 61, non più libero, ma prigioniero. Era appena sbarcato in Italia, a Pozzuoli, e l'Apostolo già poté ricevere il saluto di alcuni fratelli di fede, che là risiedevano (At 28. 14). Pozzuoli era uno dei porti secondari dove facevano capo le rotte provenienti dall'Oriente con destinazione Roma, e la presenza di cristiani è una delle prove che l'attività missionaria aveva seguito le vie commerciali, per terra e per mare.
Pietro giunse a Roma forse poco dopo l’arrivo della lettera di San Paolo ai romani: ma nulla sappiamo sulla convivenza dei due Apostoli a Roma. Di certo erano ambedue in questa città nell'anno 64 quando, nelle vicinanze del Circo Massimo, scoppiò un grande incendio che si estese poi a gran parte della città. Ne fu accusato Nerone, il quale ritorse le accuse sui cristiani che, dopo sommari processi, furono giustiziati nell'estate clel 64 (Tacito, Ann. 15,44). Pietro fu crocifisso e sepolto nel territorio Vaticano, a fianco di altri sepolcri; Paolo, in quanto cittadino romano, fu decapitato presso le Tre Fontane, lungo la via Ostiense. Da allora, con uno speciale decreto, fu vietata la professione del cristianesimo, anzi il semplice nomen di cristiano era un crimen (Tertulliano, Ad Nat. 1, 3). La caccia ai cristiani si estese a tutto l'Impero e durò tre secoli, designati come “l’epoca delle persecuzioni" (dieci secondo la tradizione per analogia con le dieci piaghe d'Egitto) o l' èra dei martiri.
L'imperatore Costantino, riconoscendo ufficialmente la religione cristiana nel 313, la sollevò da un'oppressione secolare. Fu l’inizio di un'alleanza che portò la Chiesa a divenire da religio illicita a Chiesa cattolica imperiale. Mentre la nuova religione riceveva un trattamento preferenziale, si costringeva l'antica religione a ritirarsi nelle campagne, da cui il termine paganesimo, religione dei Pagi. L'opera di cristianizzazione dell'Impero si intensificò a partire dal 324, quando Licinio Augusto, cognato di Costantino e imperatore di Occidente, che aveva ripreso a opprimere i cristiani, fu sconfitto e fu cosi restaurata la monarchia assoluta.
A guidare la comunità dei cristiani, dapprima erano stati gli Apostoli tutti insieme; in un secondo momento comparirono le giurisdizioni locali. Di certo, viventi gli Apostoli, esisteva una doppia gerarchia: una universale, formata dagli Apostoli, e una composta da coloro che gli Apostoli avevano messo a capo delle singole comunità.
Il primato di Pietro, con la sua sede in Roma, è un'istituzione di diritto divino. Compito dell'ufficio di Pietro, che continua nei suoi successori, è quello di essere segno di unità tra tutte le Chiese. La storia della Chiesa in Occidente è segnata anche dalle invasioni dei barbari, che minacciarono la stessa sopravivenza di Roma. Umiliarono infatti la splendida città (urbs), fatta di edifici, monumenti, strade e avrebbero potuto cancellare anche la città fatta di uomini (civitas), se i suoi cittadini fossero venuti meno alla loro identità.
Sant'Agostino aveva tuttavia avvertito che Roma non sarebbe mai venuta meno, finché i romani fossero rimasti fedeli a se stessi (Sermones qad popolum). Dopo il 410, l'anno del saccheggio di Alarico, indicò nella civitas Dei l eredità della Roma imperiale. Di lì a qualche anno papa leone Magno, che arrestò la marcia di Attila su Roma (452), nel celebre discorso In natale Apostolorum annunciò con parole profetiche che Roma, divenuta per mezzo delle guerre caput mundi, stava per divenire, pacificamente, la civitas sacerdotalis et regia,fondata una seconda volta dagli Apostoli Pietro e Paolo, dando cosi inizio a un nuovo ciclo storico veramente cattolico, cioè universale, e trovando nei suoi martiri i più efficaci difensori.
Fondamentale nel Medioevo fu il fatto che Roma fosse il luogo del martirio di Pietro e Paolo, sulle cui tombe furono erette le rispettive basiliche. Sotto Costantino le tombe dei due Apostoli e quelle degli altri martiri divennero centri di culto e di pellegrinaggio.
Su di esse, o nelle immediate vicinanze, si eressero basiliche: le catacombe vennero munite di scale e vie di accesso: si decorarono le cripte più venerate e si compilarono calendari con i nomi dei Santi.
Come dimostrano gli scavi del 1940-49 sotto la basilica di San Pietro, edificata da Costantino in modo che l'altare maggiore fosse sulla tomba del Santo, la scelta dei luoghi dove i monumenti sacri sono sorti non fu casuale né condizionata dall'ambiente, ma è in stretto rapporto con l'evento di cui si fa memoria. I santuari romani sono,a tutti gli effetti, i luoghi della memoria: alcuni rimasti pressoché immutati, altri trasformati in basiliche.
L'interesse dei fedeli per questi luoghi, specie per quelli che custodivano i corpi dei Santi, era legato ai miracoli e alle guarigioni che attendevano dai servitori di Dio. Da qui anche il bisogno di un contatto fisico, per beneficiare del potere taumaturgico sprigionato da quei corpi santi, pratica che ha come referente evangelico l'episodio dell'emorroissa: "Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita" (Mt 9, 2I; inoltre Mc 5, 28); "arrivò a toccare l'orlo del so vestito, e subito la perdita di sangue si fermò" (Lc 8, 44).
Ma Roma, oltre a essere il luogo memoriale di tanti testimoni della fede, è anche la sede di Pietro - colui che ha il "potere delle chiavi" (Mt 16, 19) - e dei suoi successori. Da qui il pellegrinaggio ad limina apostolorurn e alla cathedra Petri. La pratica dei pellegrinaggi ad limina apostolorum, che comportava anche un'offerta in denaro (l'obolo di San Pietro), ebbe notevole impulso a seguito dell'azione missionaria di Agostino, abate di Sant'Andrea al Celio, e di 40 compagni monaci tra gli anglosassoni immigrati in Britannia.
I pellegrinaggi si intensificarono a seguito della conversione dei popoli germanici da parte di San Bonifacio, il più grande missionario della Germania, inviato da papa Gregorio II nel 719. Conclusa l'evangelizzazione dei pagani, Bonifacio si dedicò a purificare e rinvigorire la vita cristiana facendo prestare nell'anno 743 ai vescovi, riuniti per il primo concilio franco-orientale, un giuramento di fedeltà al Papa, convinto che condizione indispensabile per la prosperità di una Chiesa locale era la stretta unione con Roma. L'alleanza del Papato con i franchi (Sacro Romano Impero) e la rottura con Bisanzio fecero il resto: Roma recuperò cosi il suo ruolo di capitale del mondo.
Quando, a partire dal sec. IX, si affermò quel sistema penitenziale che per una serie di peccati prevedeva, quale congrua penitenza, un pellegrinaggio espiatorio da fare prima di ottenere l'assoluzione, Roma divenne meta preferita di pellegrinaggi penitenziali. Lungo le strade sorsero monasteri e ospedali destinati all'assistenza dei pellegrini e dei malati.
A dare una svolta notevole al pellegrinaggio romano fu però il Giubileo promulgato da Bonifacio VIII nel 1300, un'elargizione che nacque da un impulso spontaneo e immediato dell'anima popolare, anche per la sopravvenuta impossibilità di andare in Terra Santa. la scadenza del Giubileo, fissata da papa Bonifacio VIII per una sola volta ogni cento anni, fu ridotta a cinquanta anni da Benedetto XII, finché Paolo II (1464-147I) stabili la scadenza venticinquennale.
Inizialmente due furono i poli di riferimento del pellegrinaggio giubilare: le tombe e le memorie degli apostoli Pietro e Paolo. Quindi, nel 1350 Urbano VI aggiunse la basilica di San Giovanni in Laterano, cattedrale di Roma, e Bonifacio IX per l'Anno Santo del 1390 ne estese l'obbligo anche a Santa Maria Maggiore, primo santuario mariano della cristianità occidentale.
Furono queste le "basiliche patriarcali" nelle quali, dal Giubileo del 1500, si iniziò a ripetere in contemporanea , da parte di delegati papali, la cerimonia che il Pontefice compiva in San Pietro.
Poi, nell'ultimo quarto del XVI secolo, per merito di San Filippo Neri, invalse la pratica della visita alle sette basiliche: San Pietro, San Paolo, Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo, San Sebastiano.
La visita alle quattro basiliche maggiori doveva compiersi per 30 giorni, consecutivi o intercalati, per i romani, mentre era ridotta a 15 giorni, consecutivi o intercalati, per i forestieri. Leone XII, nel 1900, diminuì a 20 giorni le visite per i romani e a 10 per i non romani. Quindi Pio XI, in occasione del Giubileo del 1933,ridusse le visite a tre, tanto per i romani quanto per i forestieri, con la possibilità di compierle nello stesso giorno.
Pio XII, per l'Anno Santo del 1950, prescrisse una sola visita per basilica, senza alcun vincolo di tempo. La celebrazione dell’indulgenza richiedeva inoltre un sincero pentimento dei propri peccati, fatto mediante la confessione sacramentale, mentre fu consigliata la recita di salmi penitenziali, del Pater noster e del Credo.
Il rito, il cui cerimoniale fu stabilito in occasione del Giubileo del 24 dicembre 1499, quando fu anche sancito il definitivo primato della basilica Vaticana su quella Lateranense, consiste nell'abbattimento del muro della Porta Santa. Questa richiama la Porta di Giustizia di Gerusalemme, città celeste dove il pellegrino viene idealmente introdotto in forza del grande perdono, e rimanda all'apostolo Pietro, guardiano delle porte del cielo e difensore contro le porte degli inferi che, per questo, non prevarranno contro la chiesa (Mt 16, 18-19). Mentre il gesto rituale del Papa, che batte il muro col martello, ripete il gesto di Mosè che fece scaturire l'acqua dalla roccia per dissetare il suo popolo, epifania della fonte della vita e allusione all'acqua lustrale del Battesimo.
Il Giubileo è un atto penitenziale, un grande perdono che ha fatto di Roma il luogo della rinascite spirituale, vero centro della cristianità. Da qui l’impegno dei Pontefici, a partire da Martino V (Otto Colonna, romano, 1417-1431), di modificare il volto urbano di Roma che, da Città del Sole, l'Hellopolis d'Occidente, fu trasformata in Stella del Mare: una stella a cinque strade, intorno a Santa Maria Maggiore (allusione alla Madonna maris stella) che si innesta sulla croce (via Pia e via Felice). Nella stella si identifica anche la Roma Sancta da dove si irradia nel mondo l'azione missionaria della Chiesa di Gesù Cristo, di cui gli apostoli Pietro e Paolo sono le colonne portanti.
Niccolò V, dopo il Giubileo del 1450, sognò una Roma cristiana "ideale", cosi che i pellegrini, giungendovi, passassero da meraviglia in meraviglia.
I Papi del '500 portarono avanti uno straordinario programma urbanistico, tutto teso a fare di Roma la nuova Gerusalemme. Si successero cosi Papi attenti a rinnovare la città, da Alessandro VI a Giulio II, da Leone X a Paolo III, da Pio IV a Gregorio XIII, finché Sisto V (1585-1590), uomo di chiesa e statista geniale, fece di Roma la prima città moderna d’Europa, dandole quel volto che segna allo stesso tempo il coronamento dell’urbanistica rinascimentale e la nascita della città barocca.